Chi è Debora Conti e come hai conosciuto la PNL e il coaching?
Grazie Cristian per questa intervista. Io sono una Mental Coach e mi piace definirmi anche una divulgatrice. Prendo ciò che funziona dal mondo del coaching e della crescita personale e lo trasferisco in modo comprensibile e subito applicabile a chi mi segue o legge. Ho conosciuto la PNL a Londra per me. Avevo paura delle cimici e delle scale a pioli. Inutile dire che dopo il primo corso tutto svanì e ora le cimici le riporto sane e salve fuori di casa o cambio le tende senza problemi.
Quando hai capito che il coaching sarebbe diventata la tua professione?
Ho provocato questa professione, con costanza e tanto sforzo negli anni. Tornata in Italia dopo tre anni a Londra, ho scelto scuole di formazione a Milano per restare nel mondo del coaching. Ho iniziato a fare la coach e nel 2006 ho pubblicato il mio primo libro con Sperling & Kupfer. Da lì sono seguiti corsi dal vivo, altri libri e tante soddisfazioni.
Cosa significa per te essere un coach?
Significa mettersi al servizio di un coachee con struttura e metodo. Significa niente parole al vento o vuote, ricche solo di qualunquismo e facile motivazione ma di studi, scelte, personalizzazioni e struttura a seguito di un ascolto attivo delle esigenze e obiettivi del cliente. Significa formazione continua e coerenza prima in me per poi aiutare al meglio chi si rivolge a me.
Qual è la soddisfazione più grande che provi nel tuo lavoro?
Vedere gli occhi di chi seguo illuminarsi perché hanno trovato una o più vie per raggiungere ciò che vogliono. Stamattina una ragazza che seguo mi ha detto che l’obiettivo, sì, è importante ma il percorso è “ciò che fa la differenza”. Sono questi i momenti che trovo meravigliosi. La consapevolezza crescente che accompagna i miei coachee nella scoperta di sé.
Coaching e Cibo. Cosa può fare il coaching in questo contesto?
L’obiettivo di peso non è mai solo sull’alimentazione, è sulla persona e non vogliamo mai dimenticarlo. In un obiettivo di peso è necessario concentrarsi sia sull’ascolto e rispetto del corpo sia sulla persona che io definisco “magra naturalmente” in progress, prima dentro e poi agli occhi del mondo.
Oggi sempre più persone si affidano al coaching, come si svilupperà tra 10 anni?
Spero veramente che faccia parte degli strumenti a portata di mano per fare i propri salti di qualità, e ne parlo al plurale: per sfide universitarie, lavorative, relazionali, affettive, comportamentali. Un coach accorcia la curva di apprendimento e la svolta. Io stessa senza strumenti di coaching intossicherei parte della mia vita con pensieri non produttivi, dando magari la colpa ad altri, evitando di agire per paura di fallire e avrei perso l’opportunità di sfruttare l’intelligenza linguistica nell’educazione delle mie figlie.
Hai scritto già tanti libri, il prossimo?
Il prossimo è una sfida personale e un forte credo. Sfida personale per il pubblico a cui mi rivolgo che è relativamente nuovo per me. Forte credo perché sono convinta che l’intelligenza emotiva sia parte dei giovani di oggi. Loro più di noi sono esposti a concetti di crescita personale ed emotiva.
Conoscono il rispetto dei confini emotivi altrui (anche se alcuni coetanei non lo rispettano), hanno ben chiaro il concetto di privacy e per loro è normale il concetto di diversità: culturale, sessuale, ideologica. Il mio prossimo libro si rivolge a loro, alla Generazione Z. Vorrei tanto donare loro le dritte di intelligenza emotiva (QE) che io ritengo utili per affrontare il passaggio alla maturità che a volte nasconde trappole emotive e relazionali.
I ragazzi di oggi non cercano più il posto di lavoro come due generazioni fa, o la felicità individuale come la nostra generazione; loro cercano anche la crescita di tutti, un inserimento nella società e una realizzazione personale che però sia solidale, comunitaria. Una mano credo sia d’obbligo!