Il coaching e una attività che ha origine molto molto antiche. La persona che per prima mise le prime pietre dalle quali si possono erigere le fondamenta del “coaching” è Socrate.
Il suo contributo straordinario che ha impostato la storia del pensiero filosofico consiste nel metodo d’indagine che Socrate utilizzava per dialogare con le altre persone.
Utilizzava lo strumento critico definito “elenchos” ovvero “confutazione”. Confutare significa trovare elementi linguistici per ribattere ad una affermazione, trovando così il modo di esprimersi con domande utili a dimostrare erronea o falsa la tesi di partenza.
Socrate era solito confutare prevalentemente la presentazione in pubblico di concetti morali fondamentali.
Per questo Socrate è riconosciuto come padre fondatore dell’etica, detta anche filosofia morale.
L’etica, anche chiamata filosofia morale, è una branca della filosofia si occupa del “costume, ossia del comportamento umano”. Costume deriva dal greco antico “êthos” cioè “carattere, comportamento”, che oggi possiamo tradurre anche con i termini “consuetudine, abitudine”.
L’etica studia i fondamenti che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontologico, ovvero distinguerli in corretti o non corretti rispetto all’obiettivo che ci poniamo e rispetto alla cultura laica e religiosa che permea quell’ecosistema umano.
Questa premessa è doverosa perché se vuoi avvicinarti alla professione del Coach o se vuoi affidarti ad un Coach per evolvere un tuo “stato di blocco”, la prima cosa sulla quale ti devi soffermare è sull’etica esercitata dal Coach.
Non possiamo accettare che questa professione sia fatta solo per incassare soldi, così come altre professioni dove la centratura ed il rispetto per la persona che si rivolge ad un professionista fanno la differenza, come nella terapia, nella medicina, nell’insegnamento.
Quindi con Socrate si sviluppa l’arte delle “maieutica” ovvero quell’arte che deriva dall’ostetricia, pratica agita dall’ostetrica, ovvero colei che sta di fronte alla partoriente favorendo la nascita del bambino.
Così Socrate faceva con il suo parlare, stimolava “le menti a partorire”. Ma partorire che cosa? Partorire risposte attraverso un metodo di indagine che portava le persone a sviluppare un criterio di ricerca della verità. Quindi l’Arte del Coaching consiste nel saper porre le domande giuste a colui che si rivolge al Coach.
Ad una buona domanda corrisponde di solito una buona risposta.
Socrate aiutava le persone a sentirsi “parte attiva” delle risposte che davano, facendo in modo che potessero assumersene la responsabilità e quindi attivare in loro processi inconsci di “auto prestazione”.
Aristotele più avanti continuò a basarsi sul senso della “domanda” come fonte di dubbio o di conferma a parità di contenuto al fine di mettere l’interlocutore nel suo miglior stato di percezione attivandolo nella miglior pratica possibile.
Questo fa il Coach. Aiuta chi a lui si rivolge che chiamiamo Coachee. Attraverso la pratica del dialogare e domandare che chiamiamo Coaching.
In epoca recente prendiamo spunto anche dalla traduzione di Coach che in lingua anglo sassone significa “carrozza”
Da qui partiamo per indicare che a livello metaforico siamo nella condizione di immaginare un “ipotetico” viaggio tra il Coach ed il Coachee, che è come dire la funzione del Coach è quella di stimolare e sviluppare, con assoluta deontologia, comportamenti che portino il Coachee ad andare da un punto A ad un punto B che insieme definiscono.
Il Coach è solo uno strumento al servizio del Coachee. Il coaching funziona se si definiscono bene gli obiettivi, che come tali sono per definizione raggiungibili.